Samurai no Shonen

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    Tokyo... la capitale del Giappone. Ritmi di vita frenetici, strade colme di persone, grande centro economico… E’ qui che viveva Genzo, un diciassettenne nella media, dai capelli castani e gli occhi di color marrone chiaro. Come i suoi coetanei frequentava la scuola della città: non impazziva per lo studio, ma se la cavava. Di amici, quelli veri, non ne aveva se non un paio di compagni di classe con cui andava d’accordo. Terminata la scuola cominciava la sua vera giornata: un pomeriggio sui libri… non certo quelli di scuola.
    La sua grande passione era la lettura di libri trattanti i tempi dei samurai e delle loro storie ed imprese. Amava combinare volumi per lo più tecnici con quella dei romanzi e delle storie popolari. Ad affascinare Genzo era la loro figura: abili combattenti pronti a sacrificarsi per il proprio shogun… onore, rispetto e combattimenti. Eh sì, perché il ragazzo praticava anche kendo, un'arte marziale giapponese evolutasi dalle tecniche di combattimento con la katana anticamente utilizzate dai samurai nel kenjutsu. Kendo significa letteralmente "La via (道 dō) della spada (剣 ken)". Da parte sua l’impegno era massimo ed i risultati eccellenti. Tutto questo portava Genzo a viaggiare con la fantasia ed immaginarsi nei panni di un samurai del periodo feudale… magari poter tornare indietro nel tempo. Quante avventure, quanti duelli e… quante ragazze l’avrebbero ammirato.
    Un giorno come gli altri, se non per la scrosciante pioggia, andò a lezione di kendo com’era solito fare. Terminato l’allenamento il maestro volle parlargli:

    “Ti faccio i miei complimenti Genzo: sono in pochi a dimostrare il tuo impegno e la tua tecnica.”
    “La ringrazio maestro. E’ merito dei suoi allenamenti e della sua esperienza.”
    “Quanta modestia ragazzo! Ma quanto hai fatto e continui a fare ti deve essere riconosciuto: hai talento.”
    “Arigatou gozaimasu sensei.”
    “So che oltre al kendo hai una grande passione per i samurai, quindi volevo regalarti questo ciondolo: risale proprio al periodo feudale. In un villaggio chiamato Shien, v’era un tempo un grande dojo di samurai e questi medaglioni venivano donati a chi intraprendeva la via della spada.”
    “E’ fantastico! Sicuro che posso tenerlo?”
    “Certamente. Me lo regalò mio nonno quando anch’io cominciai ad interessarmi a quest’arte. Voglio che ora sia tu ad averlo nella speranza che tramanderai il kendo.”
    “Lo farò sensei. Grazie infinite!”

    Il ragazzo indossò il ciondolo e si congedò dal maestro. Mentre tornava a casa non fece altro che pensare a chi potesse essere stato il possessore di quel ciondolo e quali grandi imprese avesse compiuto.
    Quella sera cenò in fretta e, appena ebbe terminato, corse di sopra nella sua stanza. Lesse pagine e pagine di un gigantesco libro sulle armi da taglio stringendo il medaglione nel palmo della mano. Immerso nella lettura aveva perso la cognizione del tempo: era passata la mezzanotte… Genzo chiuse dunque il libro e si affacciò alla finestra rivolgendo lo sguardo verso il cielo stellato. Portò il suo prezioso medaglione di fronte agli occhi e pensò fra sé: “… se anch’io fossi un samurai…”, sorrise e chiuse gli occhi inspirando: “… eh sì, sarebbe proprio meraviglioso…”. Il ragazzo spense la luce della lampada sulla scrivania e si infilò sotto le coperte sempre con il ciondolo al collo, diventato ormai una parte di lui. S’addormento poco dopo.
    Intanto, fuori aveva già smesso di piovere da un bel pezzo e la leggera brezza notturna post-acquazzone portò un petalo di ciliegio che andò a posarsi sul petto del ragazzo che riposava spensierato. In quella magica notte accadde qualcosa… qualcosa di reale… o forse solo frutto dell’immaginazione?
    Quando Genzo aprì gli occhi capì di non essere certamente nella sua stanza, bensì in un boschetto. Si accorse di essere vestito in modo molto sobrio, quasi di stracci. Colse fra le dita un petalo rosa che aveva sul petto ed alzò lo sguardo: era sotto uno splendido ciliegio. La prima cosa che gli venne in mente fu: “Dove mi trovo?! All’aperto e sotto un ciliegio?! Aspetta: non è possibile… Ci sono! Questo è certamente un sogno… sì… un sogno… non può essere altrimenti.” . Visto che il sole era appena sorto in quel luogo misterioso, si rizzò in piedi e si decise a muoversi. Non sapeva assolutamente dove andare o cosa cercare: si limitò a camminare.
    A forza di avanzare riuscì per pura fortuna ad uscire dal boschetto. Quello che vide lo lasciò senza fiato: case antiche disseminate qua e là con alcuni contadini al lavoro e in lontananza un villaggio di significative dimensioni dominato da un enorme palazzo in perfetto stile feudale. Genzo pensò: “Mi pare quasi di essere tornato indietro nel tempo… D’altronde è questo che succede quando si hanno certe fissazioni. Beh, se questo è un sogno, tanto vale sognare: potrebbe essere divertente… Andiamo a visitare quel villaggio!” .
    E fu così che il ragazzo s’incamminò con il suo solito ottimismo sperando di non svegliarsi troppo presto…
     
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